Il contratto di affitto è l’accordo grazie al quale il proprietario di un immobile riesce ad ottenere in maniera stabile e continuativa il canone di locazione per un determinato periodo di tempo. Parallelamente, il locatario si assicura invece il godimento di un immobile secondo il tempo previsto dall’accordo stesso.
Rimane quindi fondamentale impostare le condizioni contrattuali nella maniera più conveniente possibile, anche sotto il profilo della tassazione. Vediamo quali sono le opzioni tra cui il locatore può scegliere e quali sono le novità previste dalla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
I modelli di tassazione per il regime concordato
Il regime concordato è l’alternativa al contratto di locazione a canone libero. La differenza fondamentale sta nel fatto che, in base al regime concordato, i limiti minimi e massimi del canone di affitto sono concordati tra le associazioni di categoria, quindi tra i rappresentanti dei proprietari e degli affittuari.
Il beneficio immediato di un regime concordato è che il locatore può accedere a una tassazione agevolata. Inoltre, viene stabilita una durata contrattuale specifica che è di 3 anni, a cui si aggiungono altri 2 anni laddove nessuna delle due parti receda dal contratto (ci sono delle eccezioni a tale durata, che vedremo tra poco).
Ma c’è un altro elemento che differenzia i due modelli contrattuali, ovvero quello della tassazione. In base alla normativa attuale sulla cedolare secca:
· Il regime di locazione libero è soggetto a un’imposta del 21%;
· Per il canone concordato è prevista un’imposta del 10%.
Per completezza, ricordiamo che la cedolare secca è il regime alternativo alla tassazione IRPEF, che viene strutturata a scaglioni in base al reddito. In caso di contratto a canone equo, il proprietario dell’immobile riceve comunque un beneficio fiscale anche quando non decide di applicare la cedolare secca dato che l’IRPEF andrà pagato solo sul 40,5% del canone di locazione percepito.
Quando si applica il regime concordato?
Anche se particolarmente conveniente, il regime concordato con cedolare secca non è sempre accessibile alle parti contrattuali. Per applicare tale regime agevolato, occorre che l’immobile:
· Sia destinato all’uso abitativo;
· Sia accatastato tra le categorie dalla A1 alla A11.
I requisiti ulteriori invece per l’applicazione dell’aliquota del 10% al cd equo canone comprendono:
· La localizzazione dell’immobile in un comune da alta densità abitativa o in un comune colpito da calamità;
· In caso di affitti transitori: si tratta dei contratti stipulati di regola per per esigenze lavorative a condizione che la relativa durata sia superiore a 1 mese e inferiore a 18 (ricordiamo che i contratti inferiori a 1 mese non sono soggetti all’obbligo di registrazione);
· Per i contratti di affitto agli studenti universitari (per la durata dai 3 ai 36 mesi).
Le novità del canone concordato per il 2022
La manovra di bilancio per il 2022 ha confermato la maggior parte degli aspetti relativi al canone concordato, apportando tuttavia delle modifiche per facilitare la questione degli affitti, mai semplice da dirimere per le parti coinvolte. Attualmente sono al vaglio del governo delle modifiche alla normativa che andrebbero a ritoccare (al rialzo) gli attuali livelli di tassazione ma, ad oggi, nessuna decisione è stata ancora presa in tal senso.
In base all’attuale normativa così come modificata, la cedolare secca o tassazione agevolata è applicabile fino a un affitto massimo di 4 appartamenti. Al superamento di questo limite, l’attività di locazione acquisterà addirittura la forma di attività imprenditoriale.
Diverso dal canone equo è il bonus inserito nella Legge di Bilancio del 2022, che prevede la possibilità per i giovani tra i 18 e i 31 anni (non compiuti) di ottenere una detrazione dell’imposta fino a un massimo di 2.000 euro per i primi 4 anni di affitto.
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